Domizia Orestano

Sono nata a Roma nel 1967, ho studiato Fisica alla Sapienza di Roma, laureandomi nel 1991. Dopo la borsa di studio INFN ho intrapreso il dottorato di ricerca a Pavia. Sono stata assunta come ricercatrice universitaria a Roma Tre a fine 1995 e da allora questa è rimasta la mia sede. Attualmente sono professore ordinario nel settore scientifico disciplinare FIS/04 (Fisica Nucleare e Subnucleare) e Direttore della Sezione INFN di Roma Tre. Sono sposata dal 2021 e ho due figli, ormai maggiorenni.

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Ho lavorato in piccoli (WA92, HARP, MICE), medi (NOMAD), e grandi (ATLAS) esperimenti. Mi sono occupata sia di hardware che di analisi dati. Non mi considero un’esperta in nessuno dei due campi, mi appassiona cercare la soluzione di problemi, hardware o software che siano, ma mi piace anche mantenere una visione d’insieme delle cose.

Con l’acquisita maturità sono sempre meno esperta di qualsiasi cosa, ma mi accorgo che le competenze di problem solving e la visione d’insieme acquisita mi permettono di compensare almeno in parte una memoria sempre meno allenata e di riuscire ancora, quando il tempo me lo permette, a rimettere meno in aspetti tecnici anche innovativi.

È soprattutto il tempo la risorsa mancante, e i miei due ruoli, di docente e di direttore, ne assorbono parecchio. Sono apparentemente attività lontane dalla mia passione iniziale per la ricerca intesa come il mettere le mani direttamente sull’apparato o nel software. Con mia sorpresa ho però scoperto che l’insegnamento, e poi anche l’attività manageriale (almeno nell’INFN!), possono essere molto gratificanti. È come se un lungo allenamento all’elaborazione critica delle informazioni e al problem solving trovasse finalmente applicazione, non allo studio di processi fisici ma nella gestione del capitale umano, da formare o da aiutare a dare il meglio in ambito lavorativo.

Ho anche capito, proprio attraverso un po’ di formazione al management, ma anche molto attraverso l’esperienza del mentoring INFN, che il primo capitale umano che bisogna saper gestire è il proprio. In termini di valorizzazione professionale, certamente, ma soprattutto in termini di risorse. Dobbiamo sapere gestire il nostro tempo, riservando il giusto spazio agli affetti ma anche a noi stesse, a ciò che ci appassiona, ci gratifica. Non è tempo perso, rubato alla famiglia o al lavoro, sono energie guadagnate, che ci rendono più equilibrate, più resilienti, più solide, in grado di dare di più.

Questo spazio io lo metto in agenda, piccolo o grande che sia, possibilmente tutti i giorni. Talvolta un’emergenza famigliare o lavorativa ha il sopravvento e me lo sottrae, ma se non lo avessi riservato quella stessa emergenza sarebbe andata a gravare su un’agenda già strapiena, impattando sia sulle cose che avevo da fare che sul mio equilibrio. Quando riesco a difenderlo (o a ricavarlo in orari improbabili) vado in un meraviglioso prato, con vicino un boschetto, con vento, sole, pioggia, caldo, freddo, e tiro con l’arco. Le frecce non mentono, la loro dispersione misura accuratamente la mia condizione fisica e psicologica, e anche quando l’allenamento o una gara non danno esiti soddisfacenti sul piano sportivo, io ne esco come nuova, pronta ad affrontare qualunque cosa.