L’ultimo Global gender gap report, pubblicato dal World Economic Forum nel 2022, attesta che, in assenza di misure correttive, ci vorranno più di 130 anni per colmare il divario di genere a livello mondiale. L’Italia si colloca al 63° posto su 156 Stati.
La European Research Commission, dalla fine degli anni 90, ha posto la questione della scarsa presenza femminile nella scienza e nella tecnologia come punto decisivo delle proprie politiche, promuovendo progetti di ricerca specifici, linee guida, misure dell’impatto del genere nei progetti finanziati dalla Commissione per incoraggiare le istituzioni di ricerca e le università ad affrontare il tema della diseguaglianza di genere.
Con l’avvio del programma quadro Horizon Europe le politiche di genere si sono ulteriormente consolidate con l’introduzione di requisiti obbligatori per la partecipazione ai bandi competitivi.
Tuttavia, la ricerca europea mostra ancora una marcata sotto rappresentanza delle donne nelle discipline STEM, in particolare nel campo della Fisica e nell’accesso alle posizioni di leadership.
La disparità verticale, che rende difficile accedere ai livelli più alti della carriera (glass ceiling effect), permane anche a livello orizzontale, come si registra ad esempio nella scarsa presenza di fisiche teoriche nei livelli di ingresso professionale.
Per le donne che lavorano nel campo della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria o della matematica (STEM), il posto di lavoro è un ambiente diverso, a volte più ostile di quello che sperimentano i loro colleghi di sesso maschile. La discriminazione e le molestie sessuali sono considerate frequenti e il genere è percepito spesso come un impedimento per la carriera.
Queste considerazioni rientrano in un ampio dibattito pubblico sulla dimensione di genere nella ricerca e sulla necessità di individuare politiche che promuovano l’inclusione.
L’INFN non si discosta dalle statistiche internazionali ed europee, come evidenziato dalle relazioni del Comitato Unico di Garanzia (CUG) e dai report annuali del Comitato di valutazione internazionale (CVI).
Per rispondere a questa perdita di talento e nel tentativo di abbattere alcune delle barriere che ostacolano le donne nel loro percorso nella ricerca, nel 2018 è nato il Gender Mentoring programme INFN (GMP). L’INFN è stato il primo a sperimentare il mentoring tra gli enti di ricerca in Italia; il GMP è costruito su un modello trasformativo sviluppato dall’Osservatorio di genere sull’università e la ricerca dell’Università di Napoli Federico II, riconosciuto dall’Istituto Europeo per la Gender Equality (EIGE) come una delle azioni più significative realizzate in Italia per lo sviluppo dell’uguaglianza di genere nella ricerca e nell’innovazione. Per rafforzare la capacità trasformativa del mentoring, la seconda edizione ha incluso anche gli uomini (mentee/mentori). L’analisi dei risultati delle passate edizioni mostra come il programma abbia fornito un supporto decisivo per la ri-progettazione e la pianificazione strategica delle carriere lavorative di molte giovani ricercatrici e ricercatori (mentee), che hanno provato – con successo – ad intraprendere nuove esperienze.
Anche per le ricercatrici e i ricercatori senior (mentori) si è rilevato un parziale processo di revisione dei modelli comportamentali e la messa in discussione dello status quo.
Il GMP promuove un cambiamento individuale, culturale e istituzionale, per raggiungere l’equità, attraverso la sensibilizzazione sulla dimensione di genere nella ricerca, la promozione di nuovi modelli di ruolo e di leadership e la rimozione delle barriere sistematiche che creano disuguaglianze.